Una città che stia accanto alle persone: il report del workshop del 9 aprile

By 18 Aprile 2016Incontri

Report dell’incontro del 9 Aprile dedicato a Economia di vicinato, formazione lavoro, beni comuni per abilitare le comunità al fare. Si tratta di una sintesi: le proposte progettuali saranno consegnate al candidato Sindaco Merola il 28 aprile (qui le info).

Un laboratorio di continuo apprendimento che valorizzi non solo le grandi eccellenze ma anche l’economia di prossimità per garantire la vivibilità della città e la rigenerazione urbana.

Il 9 aprile, al circolo Arci Millenium con gruppi di lavoro abbiamo messo al centro l’Economia di vicinato, la formazione, il lavoro, i beni comuni per abilitare le comunità al fare, sono risorse su cui fare leva.

Qui trovate le foto.

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Come strumento di presidio sociale, la risorsa per Bologna è l’economia di vicinato.

Facilitare l’allocazione anche temporanea di spazi a chi ha idee, usare la leva fiscale, anche utilizzando una cedolare secca, mettere a disposizione spazi pubblici per calmierare il mercato affitti e per aiutare start up giovani, inserire gli artigiani nei mercati è lavorare per il rilancio del commercio e dell’artigianato nel centro ma anche e sopratutto periferie della città.

La strategia deve essere condivisa per ridisegnare con coraggio le norme che riguardano le attività commerciali, attraverso la semplificazione burocratica o eventuali deregolamentazioni temporanee. Serve una nuova offerta di mobilità, anche con interventi sugli orari di chiusura perché i fattori in grado di evitare la concentrazione di servizi e utenti in poche aree della città sono molteplici e vanno misurati e condivisi anche attraverso metodi e spazi per permettere ai vecchi artigiani contaminare i giovani o per mettere in rete creativi, artigiani, imprese e scuole.

Per sostenere la competitività è infatti necessario lavorare per facilitare lo scambio fra operatori, favorendo il passaggio intergenerazionale di competenze e ibridando i modelli di commercio impiegati finora, per esempio inserendo attività artigianali dentro i classici mercati alimentari o inserendo attività creative. Innovare lo storytelling appare centrale anche in relazione ai piccoli sistemi di economia di vicinato, facendo formazione e mettendo ulteriormente a valore gli esperimenti (vedi Mercato delle Erbe) e le policy (Regolamento dei beni comuni).

Le tendenze che emergono dagli attuali modelli di consumo indicano che c’è bisogno di aiutare lo sviluppo e l’insediamento di nuove attività orientate al consumo responsabile e all’economia del riuso. Bologna è genuinità e rapporti di vicinato: senza questo asse, non ci sarà qualità nell’attrazione di persone e capitali.

Poi formazione e lavoro.

Bologna ha già una solida base da cui partire, ma la costante evoluzione dei bisogni e dei mezzi di produzione impone un mettersi in gioco continuamente e seguirne, se non anticiparne, i futuri sviluppi. Bologna ha il dovere di essere nella frontiera, di essere la città dove il cambiamento avviene prima che in altre città ed è per questo che è importante creare ora strutture e spazi, formali e informali, di scambio dei saperi e contaminazione a cui possano accedere imprese, centri di formazione, giovani, persone che sono uscite dal mondo del lavoro e tutti i cittadini attivi interessati.  In questa ricostruzione della filiera della formazione scuola-università-impresa, deve ovviamente essere parte attiva la pubblica amministrazione, sia attraverso forme di intervento tradizionale su normative e spazi fisici, sia attraverso interventi immateriali e innovativi come ad esempio la diffusione del metodo della collaborazione, l’insegnamento dell’uso tecnologie abilitanti e dei dati aperti. L’obiettivo è creare capitale sociale comunitario e – in questo senso – le scuole rappresentano il patrimonio della città, delle comunità e delle imprese, da cui partire. Dobbiamo vivere gli spazi della formazione come beni comuni da aprire e curare: sono una risorsa strategica diffusa nel nostro territorio, nei nostri quartieri e nell’area metropolitana. Attraverso la messa in rete di questi spazi, assieme ai musei civici, alle biblioteche, ai centri sportivi, agli uffici di quartiere, possiamo incredibilmente alzare l’offerta di spazi di apprendimento, di condivisione di saperi e di collaborazione civica. Bologna deve essere la città che attrae le competenze e le mette a sistema, unendo il capitale sociale esistente con le possibilità di crescere e di innovare  attraverso la diversità e la creatività.

Un’altro tavolo è stato dedicato alla cooperazione, che deve trovare posto nell’agenda politica dei prossimi anni come soggetto imprenditoriale e produttivo. Per raggiungere questo obiettivo è necessario agire su due fronti complementari. Il primo è quello di una rinnovata identità territoriale per rinnovare l’identità del brand “Bologna città della cooperazione”, non solo con un presidio politico ma che faccia emergere il mondo cooperativo come uno dei motori forti dell’economia locale. Le sinergie con la sharing economy offrono possibilità di contaminazione e innovazione ma oltre all’investimento in nuove filiere e mercati, la sfida è saper misurare e comunicare il valore sociale prodotto da questo mercato e le risposte che offre ai bisogni della comunità, come ad esempio l’integrazione di soggetti marginali.

Ci sono spazi che possono essere laboratorio urbano, per esempio nella zona della Bolognina, in cui testare nuovi progetti di cooperazione e co-progettazione con l’Amministrazione soprattutto in relazione alla rigenerazione di spazi urbani che possano coniugare la dimensione imprenditoriale e quella comunitaria.

Uscire dalla nicchia e individuare percorsi comuni vuol dire cominciare ad investire in nuove filiere e mercati ( agricoltura, energie rinnovabili etc.) ma anche misurare il valore sociale prodotto per comunicare meglio la qualità del lavoro. Dobbiamo creare e co-progettare luoghi dove l’ibridazione e le nuove relazioni con il for-profit si sostanziano in iniziative che siano produttive da un lato ma che siano anche di risposta ai bisogni della comunità.

Il secondo è invece quello degli strumenti di relazione con la pubblica amministrazione e il territorio.  A partire dal nuovo codice sugli appalti è necessario creare un piano d’azione di ambito metropolitano che comprenda un tavolo di lavoro permanente, un coordinamento che intervenga durante la fase preventiva della concessione di appalti con momenti di scambio di conoscenze sulla normativa europea e confronto tra gli operatori e con coinvolgimento di soggetti esterni come ad esempio l’Università. Con l’esperienza del Comune di Brescia si è fatto un salto in avanti mentre per il tema delle clausole sociali di contrasto alla povertà come strumento per favorire l’inserimento delle fasce più deboli e del ripensamento della formazione, il transitional job del governo USA potrebbe essere il modello come politica innovativa di attivazione, formazione e integrazione dei soggetti marginali. Sul tema delle nuove relazioni tra PA, profit e non-profit e degli strumenti con i quali ripensare le organizzazioni e le modalità di affidamento dei servizi si propone di guardare i Social Impact Bond inglesi per capire se e come il Comune di Bologna possa lavorare per l’emissione dei bond e per costruire contratti atipici che legano una pluralità di parti sulla base di sfide sociali comuni a tutti.

 

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