Lucilla Boschi è una storica dell’arte, specializzata in intermedialità e beni culturali.
“Sono libero professionista; ho sviluppato nel tempo la mia competenza nella curatela di mostre ed eventi culturali e nella ricerca e creazione di contenuti, unendola alla convinzione che paesaggio umano e paesaggio culturale possano crescere e svilupparsi solo attraverso un reciproco arricchimento. Negli ultimi anni, mi sono dedicata all’accessibilità museale, intesa come prassi attraverso la quale creare nuovi pubblici e rendere i musei luoghi collaborativi”.
Cosa fai tu per Bologna?
Faccio parte di quella “eletta schiera” di persone che a Bologna non ci è nata, ma ci è capitata quasi per caso. Vagabonda per natura, dopo tappe come le Marche, Roma e l’Appennino ligure sono arrivata a Bologna da un paio d’anni. Ho avuto così modo di scoprire una città che non avevo conosciuto nemmeno da studente, e di cominciare ad amarla, nelle sue luci e nelle sue ombre.
Insieme a Fabio Fornasari, ho creato Museo Tolomeo, il museo che nasce per raccontare la storia dell’istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna. Un luogo la cui storia ha un legame indissolubile con quella di Bologna, in cui si intrecciano parole di grande attualità ancora oggi, come innovazione, tecnologia, cultura.
All’inizio di questa storia, c’è un gruppo di giovani che decide di “non lasciare indietro” una categoria debole come quella dei non vedenti, partendo dalla convinzione che per rendere le persone autonome e indipendenti sia fondamentale la conoscenza.
Una storia purtroppo sconosciuta alla maggior parte dei bolognesi, e per questo ritengo importante che venga restituita alla città.
La stessa modalità di allestimento del Museo vorrebbe essere stimolo a un uso differente dei luoghi culturali, in cui ricordare che siamo tutti musei viventi, portatori di storie composite, tessere che unite tra loro hanno la potenzialità di ricomporre la Storia di un intero territorio.
Cosa Bologna può fare per te?
Negli ultimi anni il turismo a Bologna è cresciuto molto. Un percorso che penso abbia ancora strada da fare, senza dimenticare che turismo è anche sinergia tra tutte le valenze culturali del territorio. Questo significa considerare la cultura abilitatrice di comunità, portatrice di un immaginario che può aiutare a superare le barriere che spesso fanno restare fuori dalla porta tutte le fasce di “non” pubblici: coloro che restano “indietro” per difficoltà economiche, sociali, culturali o psico-fisiche che siano.
Accessibilità e inclusione sono dunque due parole chiave su cui mi piacerebbe che la città di Bologna investisse nuove energie.
C’è un punto o una proposta del programma che ti ha colpito?
Non lasciare indietro nessuno: mi sembra un punto di vista fondamentale all’interno delle proposte di Una città con te.
Se a fine Ottocento chi creava l’istituto dei Ciechi Cavazza lo faceva sostenendo che attraverso la cultura si sarebbe conquistata l’autonomia e l’indipendenza, credo che questo potrebbe essere un principio valido ancora oggi per Bologna.
Uno sguardo di attenzione alla promozione del patrimonio culturale che passi anche attraverso l’innovazione tecnologica e il sostegno a una città sempre più inclusiva e accessibile sono, a mio avviso, due passaggi fondamentali per la crescita della comunità.