Corsie non preferenziali.
La storia di Roberta

By 10 Maggio 2020Profili

«Temo spesso il contagio, quando la gente passa vicino alla cassa, perchè la maggior parte delle volte non sta attenta e si avvicina molto». Roberta fa la cassiera in un grande supermercato di Bologna ed è una di quelle persone che durante il lockdown non si è fermata mai, per garantire a tutti gli altri il servizio essenziale all’approvvigionamento alimentare. 

«Noi cassieri – spiega – viviamo nell’ansia che una persona positiva al virus possa arrivare alla cassa». Il contingentamento degli ingressi – dimenticheremo mai le file a distanza di sicurezza di fronte agli alimentari, nelle quali più o meno tutti ci siamo imbattuti almeno una volta? – dà modo ai cassieri di rallentare il ritmo abituale di lavoro. Anche il loro tempo, alla cassa, è diventato in questo periodo più denso, come per noi a casa.

In questo tempo lento Roberta ha modo di guardarsi intorno in attesa di battere il prossimo scontrino: «Guardo spesso le persone durante il momento della spesa – ci racconta – e noto che presa dall’apprensione di fare tutti gli acquisti, completamente assorta nel proposito di non scordare niente, la gente non sempre rispetta le distanze con gli altri clienti». 

Per quello che Roberta ha potuto vedere negli ultimi cinquanta giorni, le persone anziane sono quelle che faticano di più ad adeguarsi alle nuove regole sul distanziamento: «Cosa vuole che sia, ci dicono, noi abbiamo passato la guerra». Queste persone, sicuramente le più fragili da un punto di vista sanitario e molto probabilmente anche da un punto di vista sociale, sono quelle che durante la quarantena hanno frequentato più spesso il supermercato nel quale lavora Roberta: in parte per la difficoltà di effettuare una spesa online, in parte per superare un isolamento che si fa più stringente quando si è abituati ad un quotidianità in carne e ossa e l’accesso limitato alle nuove tecnologie diventa una vera e propria barriera architettonica. «Ci troviamo a volte persone anziane che sapendo di non dover fare la coda vengono tutti i giorni a fare delle piccole spese di pochi euro». 

Ma al di là della preoccupazione di appartenere a quella prima linea di lavoratori più esposti al contagio, dalle conversazioni di Roberta con le compagne emerge anche una questione familiare, che è spesso anche una questione di genere che non riguarda una specifica categoria di lavoratrici. «Quando parlo con le colleghe mamme, noto che sono allarmate per la ripresa del lavoro anche perchè con le scuole chiuse temono che si crei un buco in famiglia e problematiche nella gestione dei figli». Al di là del lavoro, c’è la casa, anche per Roberta: «Vivendo con una madre anziana e mia figlia, sia io che mia sorella – entrambe cassiere nello stesso ipermercato – stiamo molto accorte perchè abbiamo paura di poter contagiare i nostri parenti». 

E al di là della casa, c’è la vita, che nel caso di Roberta è fatta anche del volontariato alla parrocchia. «L’altra sera ho sentito una signora anziana molto depressa perchè non parla con nessuno», racconta, «era in pensiero per lei ma soprattutto per i nipoti che vivono fuori città». 

Anche se il lavoro dei volontari in questo periodo è proseguito, pur in modalità diverse rispetto al solito, il grande punto interrogativo riguarda il campo estivo che ogni anno ospita molti giovani. Che ne sarà dell’Estate Ragazzi della parrocchia di San Ruffillo? «Siamo preoccupati, perché come teniamo a distanza di sicurezza più di 50 adolescenti? E se non sarà possibile organizzare campi estivi come il nostro, come faranno i genitori che dovranno tornare a lavoro a gestire i ragazzi?». 

Dal racconto di Roberta affiorano una serie di aspetti particolarmente critici che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi dovranno essere affrontati. La fragilità dell’equilibrio tra ragioni economico-lavorative e sanitarie, ovvero di sicurezza sui posti di lavoro; l’accudimento familiare che culturalmente e materialmente è ancora molto sbilanciato in capo alle donne; il doppio vincolo di emarginazione al quale è sottoposta una grande maggioranza di anziani, isolata non solo fisicamente ma anche da un punto di vista digitale. 

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