Oggi è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne, e per questo ci teniamo a condividere con voi questa lettera aperta inviataci da Lella Palladino, del Forum Disuguaglianze Diversità e già Presidente di D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, associazione che riunisce 80 Centri antiviolenza in tutta Italia – tra cui la Casa delle Donne di Bologna.
“È chiaro ormai che gli effetti della Pandemia non hanno pesato allo stesso modo e con la stessa intensità su tutti e le sue conseguenze sul piano economico e sociale hanno aggravato le diseguaglianze esistenti tra gli uomini e le donne che hanno pagato il prezzo più alto di questa epidemia nonostante, ancora una volta, abbiano mostrato, oltre che maggiore tenuta biologica, una incredibile resilienza in campo professionale e soprattutto nella complessa gestione dei tempi di lavoro e familiari. L’impatto della crisi si è andato a sovrapporre ad una situazione di preesistente disparità di potere ed opportunità evidenziandosi in particolare in tre ambiti: il marcato del lavoro, il lavoro di cura non retribuito, la violenza maschile.
La Pandemia ha evidentemente esasperato ed evidenziato quello che stenta a far breccia nella percezione comune: «La violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione» (Convenzione di Istanbul). Contrastare le disuguaglianze di genere comporta un radicale cambio di prospettiva ma i processi di trasformazione culturale sono lenti e richiedono tempo, condivisione, investimenti costanti. Un grandissimo passo in avanti potremmo farlo se solo ci decidessimo a correggere a monte la riproduzione delle disparità e asimmetrie di potere attraverso: una diversa educazione sin dalla socializzazione primaria per immaginare e costruire un mondo non più declinato al maschile e nel quale la soggettività delle donne possa trovare piena affermazione e riconoscimento; una equa distribuzione dei compiti di cura in grado di liberare tempi e potenzialità. Attribuire per natura una divisione di compiti in relazione al genere è il vincolo da abbattere per liberare i tempi delle donne, consentire il superamento delle disfunzionalità del mercato del lavoro che ne limita l’accesso, la permanenza, la giusta retribuzione, le potenzialità di carriera. Al contempo, riconoscere valore alla cura delle persone e del loro benessere, dei piccoli come degli adulti non più autosufficienti, dei corpi come delle relazioni, degli spazi domestici come dell’ambiente, restituisce soggettività e valore a quella mole di lavoro agile, indispensabile, competente e flessibile che continua ad essere oggetto di denigrazione e terreno di esercizio di violenze.
L’arrivo delle risorse europee attraverso il Piano Ripresa e Resilienza, se ben orientate e programmate, potrebbe rappresentare un’opportunità senza precedenti per riequilibrare le disparità e contrastare le disuguaglianze. Sarà questa l’occasione per poter sperimentare un pensiero differente che non si limita a sintetizzare in due punti aggiuntivi nelle agende politiche e nella declinazione delle priorità il tema della discriminazione delle donne ma lo pone trasversalmente come punto focale nell’ analisi delle criticità e, conseguentemente, orienta programmi ed interventi nella direzione del suo superamento. Investire sulle donne è l’unico modo di far crescere la capacità di innovazione e di futuro del Paese. Investire sul lavoro femminile, sui diritti, sui servizi all’infanzia, sull’emersione e la valorizzazione del lavoro di cura, sull’imprenditoria femminile significa liberare il tempo delle donne, creare posti di lavoro, incidere sul benessere dei cittadini e creare un’economia più forte con un Pil che cresce.
La programmazione orientata a radicali trasformazioni e non a riforme che lasciano l’impianto strutturale immutato, dovrebbe mirare ad un piano straordinario per le infrastrutture sociali sanitarie, sociali dei servizi educativi che innesti circoli virtuosi a partire dalla valorizzazione della cura intesa come intervento qualificato (una stima della Banca d’Italia prevede l’assunzione di 1.700 donne);assumere, attraverso un cambio totale di paradigma, il superamento di un welfare assistenzialista e paternalistico per promuovere un welfare delle capacitazioni che incide sulle risorse personali e rimuove gli ostacoli all’inclusione e all’indipendenza.”
Lella Palladino, Forum Disuguaglianze Diversità, già Presidente della Associazione Nazionale D.I.Re, “Donne in Rete contro la violenza”.