Sara Roversi, imprenditrice.
Cosa fai tu per Bologna?
Born global, ma Bologna è la mia città e lo è sempre stata. Non è solo una questione di anagrafe, ma una scelta precisa rispetto a un luogo e alle persone che lo abitano e adoperandosi per costruire un futuro migliore per sé stessi e per le future generazioni.
Sia io che Andrea, mio marito, siamo imprenditori: più di dieci anni fa ci siamo imbarcati in un viaggio professionale insieme, fatto di tappe e puntini che hanno segnato la nostra evoluzione. Steve Jobs diceva “You can’t connect the dots looking forward; you can only connect them looking backwards. So you have to trust that the dots will somehow connect in your future.”
Il primo puntino l’abbiamo tracciato nel 2003 con la nostra prima società, Lifeinaclick, azienda tech che in questi tredici anni ci ha dato l’opportunità di lavorare in tutto il mondo. Abbiamo anche portato un pò di Bologna alle Olimpiadi, col nostro team; poi fare i tedofori, portare fiamma olimpica: un’esperienza incredibile. Ho ancora fissata nella memoria quell’esperienza indelebile: il fuoco che brucia nella fiaccola, e noi, a far da messaggeri per quel sentimento umano che da secoli unisce il mondo in nome dello sport.
Un secondo puntino che oggi voglio ricordare è quel giorno in cui nel 2005, presentando orgogliosi la nostra startup, Lifeinaclick, ad un VC americano, questo ci rispose “la vostra idea è carina, ma voi siete Italiani, dovreste portare nel mondo food e fashion, lifestyle e bellezza”. Ci ha fatto brillare gli occhi: noi bolognesi, naturali ambasciatori del ragù nel mondo, conosciamo bene il valore di vivere in una naturale “city of food” che ha donato il proprio nome a una salsa universale. Quel VC sapeva dove solleticarci, e in quel momento abbiamo capito che il food era il nostro nuovo orizzonte.
Così la nostra vita si è arricchita di un’ulteriore ingrediente e da quell’anno anche grazie a questa ispirazione abbiamo cominciato a lavorare nel settore del food e della ristorazione.
Siamo imprenditori animati costantemente dalla curiosità e la voglia di cercare nuovi orizzonti, ed opportunità di confronto. Così, nel 2012 si presenta un’altra meravigliosa occasione: entrare nella delegazione Italiana di Confindustria al G20 YEA e la mia prima partecipazione al Summit di Mosca. Mood olimpico. In quel momento ti trovi a rappresentare il Paese al confronto con altri giovani imprenditori provenienti da tutto il mondo, e cominci a vedere l’effetto generato dal movimento dei giovani imprenditori a livello globale. Numeri, PIL, occupazione, infrastrutture, sviluppo tecnologico, policy. E’ stato questo il primo momento in cui ho cominciato a pensare al tema degli IMPATTI.
Quali impatti, come imprenditori, generiamo noi quotidianamente nella società? In che modo le nostre scelte di tutti i giorni posso influenzare la salute del consumatore e quella della comunità che ci accoglie?
Nel pratico: scegliere di adottare un fornitore locale che produce in modo sostenibile e crea occupazione nel tuo territorio, o decidere di aprire un’attività commerciale in una zona emergente della città, portando vita, luce e rigenerando un angolo buio fino al giorno prima punto d’incontro di tossicodipendenti. Sono solo alcuni esempi di come si siano generati impatti sociali, culturali, ambientali ed economici sulla comunità.
Il 2012 è stato ricco di puntini. Sempre quattro anni fa le frequentazioni in Silicon Valley si sono fatte più assidue alla ricerca costante di innovazione e stimoli: gli hackathon, il Google Food Lab e l’Incontro con l’Institute For The Future di Palo Alto si sono trasformati in ulteriori opportunità di riflessione.
Grazie a questi incontri abbiamo cominciato a guardare il nostro paese con occhi nuovi, abbiamo cominciato ad avere il coraggio di pensare al nostro territorio come ad un luogo dove non si parla solo di tradizioni e storia ma dove l’innovazione è di casa. Proprio nella Silicon Valley ci hanno insegnato che le tradizioni non sono altro che innovazioni di successo, e la nostra Italia, in fatto di cibo – e non solo -, è in continuo fermento e per loro costante caso di studio.
Così, combinando queste ispirazioni col nostro mantra “innovation is a cooperative effort”, è nata l’idea del Trust Future Food Institute, condivisa con Matteo Vignoli ed Alessandro Pirani. Un istituto pensato e donato alla città, come legacy dell’esperienza costruita. Un progetto che è nato con l’ambizione di diventare strumento nelle mani della comunità per produrre innovazione, alimentando la nascita di imprenditori innovativi e responsabili nella filiera agroalimentare.
Borges, parafrasato, diceva che è il calcio l’unico vero esperanto del mondo. Credo si sbagliasse: è il cibo il nuovo linguaggio dell’umanità. Il settore agroalimentare è trasversale ed interdisciplinare. Il cibo è nutrimento, è bene di prima necessità, ma è anche fonte primaria di espressione culturale. Il cibo connette le persone, le industrie e i paesi: è un medium universale per capire e riplasmare il mondo.
“Lo scopo del trust è di creare un ecosistema innovativo che favorisca una crescita economica e sociale sostenibile. Per questo, il Trust coinvolge attivamente gli attori della filiera agroalimentare in progetti che ne indirizzino la propensione a relazionarsi con l’ambiente verso il bene comune.
Scopo del trust è quello di favorire la formazione imprenditoriale, lo sviluppo della creatività e l’approccio progettuale innovativo di una nuova generazione di imprenditori responsabili e policy makers “sensibili”, creando progetti educativi convenzionali e non convenzionali.
Scopo del trust è affiancare la comunità scientifica, politica e professionale nel co-progettare innovazioni di prodotti e processi, nello studiare nuovi metodi di narrazione e condivisione di buone pratiche, nell’ideare soluzioni innovative per favorire l’accesso ad un’alimentazione sana e sostenibile per tutti.
Scopo del trust è rendere Bologna – città simbolo di scambio e pluralismo culturale, incubatore naturale di nuovi modelli sociali, fonte di grande ingegno industriale, territorio rinomato nel mondo per la sua forte tradizione culinaria – una piattaforma urbana su cui sperimentare nuovi modelli educativi e nuove politiche; scopo del trust è quello di fare di Bologna una vera ‘città laboratorio’, partendo dalle pratiche e dalla storia, in cui fruizione e narrazione della risorsa alimentare permea le relazioni sociali, ed interagisce con la morfologia stessa dello spazio costruito.”
I primi risultati: una piattaforma educativa unica al mondo, un master ed una summer school internazionale, discovery mission nei food innovation hub più vibranti al mondo, hackathon, laboratori nelle scuole, la nascita di nuove startup, il sostegno di progetti di ricerca; queste le prime attività nate all’interno dell’Institute.
Ma al termine del 2015 nascono anche un’acceleratore “Future Food Accelerator” ed una Future Farm per alimentare in modo sempre più concreto innovazione ed imprenditorialità e Future Food diventa un vero e proprio ecosistema di cui, Bologna la “city of food” situata nel cuore della Food Valley Italiana ne è la casa.
Questo costante fermento ci porta ogni settimana ospiti in visita da tutto il mondo che passano a Bologna e si innamorano, ma quest anno, a maggio, per la prima volta abbiamo voluto riunire qui i partner, gli amici ed i sostenitori di questo insolito e prezioso ecosistema. Esperti, food global leaders, imprenditori, professori che hanno condiviso con noi la nascita e l’evoluzione del progetto ed hanno generosamente partecipato a questo momento di confronto, scambio e co-progettazione. Niente stampa o riflettori, nessuna grandeur che di solito s’insegue in queste occasioni soltanto la spontaneità della nostra città. Eravamo in settanta da US, Canada, Shanghai, Turchia, Belgio, Germania, Olanda, UK, Australia; accademici, politici, ministri in borghese, attivisti, manager provenienti dai grandi colossi della Silicon Valley, innovatori sociali ed imprenditori insieme per parlare delle sfide che il settore del cibo ci pone, e ci porrà per l’avvenire. A Bologna.
Poi come dice Steve Jobs ad un certo punto ti fermi a guardare indietro e provi ad unire questi puntini. Puntini fatti di persone, incontri ed esperienze che hanno contribuito a disegnare questo percorso in continua evoluzione e scopri come, partire da una città come Bologna sia stato significativo.
Con Bologna, una intensa storia d’amore, come quelle dei film, un percorso ad ostacoli fatto di momenti memorabili, gioie e soddisfazioni, ma anche di incomprensioni, delusioni, tradimenti; una continua scoperta. La voglia di andare via dove tutto sembra più bello e semplice, cresce, ma poi andando lontano le prospettive cambiano e capisci la fortuna che hai ad essere nato in un posto come Bologna ed il valore di ciò che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi, quindi decidi andare per tornare e cercare di dare il tuo piccolo contributo per fare si che la tua città diventi per te il posto migliore del mondo.
Cosa Bologna può fare per te?
Non voglio che i miei figli facciano scelte “comode”: cerco quotidianamente di insegnargli ad essere critici, ad avere un orizzonte, degli obiettivi per cui valga la pena lottare. Le difficoltà ci segnano ma ci stimolano a fare meglio. Vivere a Bologna, nel futuro, dev’essere fonte d’ispirazione, un luogo di stimoli che attragga chi non la conosce e invogli a rimanere chi l’ha respirata sin nella culla: non per comodità ma per libera scelta.
Creare una cultura di condivisione e di sinergia, una città in cui davvero si possa ragionare e agire insieme, soggetti pubblici e privati, e collaborare per proporci al mondo.
Soli siamo unicamente gocce, ma insieme possiamo creare un’onda travolgente…mi piace citare la frase di Robert F. Kennedy, nel discorso noto come “ripple of hope” (onda di speranza) che rimane di un’attualità sorprendente…
Il Comune, le istituzioni in genere possono farsi apripista di questo processo, aiutare i singoli a conoscersi, incontrarsi, scambiarsi informazioni e valori, senza diffidenze e paure, nella vera convinzione che l’unione fa la forza, specialmente l’unione di soggetti eccellenti, pronti a dare il meglio non solo per se stessi, ma per la comunità a cui appartengono. L’educazione è il punto di partenza ed il “fare” sono il punto di partenza. La storia ci insegna che non c’è progresso senza errori, e anzi gli errori devono servire da stimolo per ripartire con nuovo slancio.
Chi non ha mai sbagliato? Chi non ha mai fatto nulla!
Dobbiamo costruire insieme questa consapevolezza, un senso civico fatto di amore per la città che abitiamo e che è parte di noi, dobbiamo lavorare insieme per abbattere l’individualismo che domina le vite delle nuove generazioni e creare una dimensione collettiva attrattiva di cui ogni cittadino voglia far parte. Imparare di nuovo, tutti, a essere veramente social, e non considerare questa solo un’etichetta per apparire moderni grazie a due click e qualche commento. Si deve partire subito e si deve partire da noi, da quel che possiamo fare ora, mettendoci la faccia, sporcandoci le mani, partecipando in prima persona. Solo questo può far sì che quella che è stata una nostra scelta lo sia anche per i nostri figli, una scelta vera, non di comodo, anzi una scelta scomoda, ma di cui andare orgogliosi.
C’è un punto o una proposta del programma che ti ha colpito?
Cambiamo punto di vista: “Non sono i cittadini a doversi innamorare della politica, ma la politica a doversi ri-innamorare dei cittadini.” Vero!
Ovunque la politica è in crisi, e questo, a mio parere, è dovuto al fatto che troppo a lungo si è concepita come un processo di scontro anziché di cooperazione. Gli imprenditori sono sempre stati demonizzati come sfruttatori di lavoro anziché come co-generatori di benessere per tutti. Il co- non è casuale: la storia ci ha insegnato che le società prosperano quando i suoi attori cooperano. Stiamo vivendo una nuova epoca in cui non è più considerato eretico o blasfemo immaginare una collaborazione tra comunità e imprese. La nuova politica, quella con la P maiuscola, dev’essere l’enzima che catalizza questo processo. Questo programma mi sembra un perfetto punto di partenza.
Io amo le persone, le squadre affiatate ed i fatti. E sogno un mondo in cui tutti possiamo tornare a essere artefici del nostro destino, a rimboccarci le maniche e a chiederci cosa possiamo fare attivamente per la nostra città, la nostra comunità, senza aspettare che siano altri a decidere per noi.